Il senso mancato della gratuità

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La gratuità gratuita è ricchezza, per chi la dà e per chi la riceve

Parto da questa apparente tautologia: gratuità della gratuità. Apparente perché non è per nulla scontato che lo sia.

Un’autentica gratuità del dono rende il dono un importante mezzo di vicinanza, rende umano il nostro vivere, ci consente di incontrarci. È vero per chi la riceve, perché di quel dono probabilmente aveva bisogno; è altrettanto vero per chi la dà, perché donare a chi sa ricevere è, a sua volta, ricevere.

Donare, donarsi, ricevere, è pure contagioso. Noi italiani (non solo noi) lo sappiamo molto molto bene.

Ma allora quand’è che la gratuità manca il suo senso?

 

Una cultura basata sulla carità e sulla cooperazione …

La nostra è una cultura che affonda le sue radici nei principi della carità e della cooperazione. È noto a tutti ed è anche estremamente visibile a tutti.

Gøsta Esping-Andersen, uno dei più importanti studiosi della storia degli Stati Sociali, colloca l’Italia in quel gruppo di Welfare State occidentali definiti Corporativi o Familisti, in questo molto simile anche al lontano Giappone, in contrapposizione ai Wefare Liberali (USA, UK) e a quelli Socialdemocratici (la Svezia per eccellenza, insieme agli altri Paesi scandinavi1). I Welfare Corporativi o Familisti nascono in Paesi nei quali la carità e la cooperazione sono valori fondativi della società e si caratterizzano per il fatto che l’intervento dello Stato è stato pensato – quando nel secondo dopoguerra nasce lo Stato Sociale – per esistere laddove quello delle famiglie e delle corporazioni avesse fallito (intervento dello Stato definito ex post). In altri termini si partiva da una consuetudine secondo la quale fossero innanzitutto le famiglie e le corporazioni (gruppi spontanei di supporto, da cui hanno origine poi i sindacati) a doversi occupare dei bisogni del cittadino, a intervenire quando il cittadino avesse bisogno; solo dopo, rilevandone l’impossibilità o il fallimento, sarebbe toccato allo Stato ad essere chiamato in causa a supporto.

Negli anni, alcuni cambiamenti sono avvenuti, con lo scopo di consentire un grado di supporto e pari opportunità a tutti e per garantire al singolo i suoi diritti in ogni ambito della vita privata e lavorativa, senza dare per scontato il sostegna di familiari o di enti di volontariato. Nonostante ciò,  l’orientamento da cui lo Stato Sociale italiano storicamente parte è ancora fortemente visibile e palpabile, nel bene e nel male.

 

valori sì, solo quando profondamente sentiti e scelti

La mancanza di una presenza dell’istituzione Stato ex ante può rendere difficili tante situazioni in cui una rete familiare o di accesso all’assistenza sia più scarsa; un’altra domanda da porsi è se questo accesso, anche laddove possibile, possa tutelare la dignità del cittadino che vi ricorre. A questi quesiti, estremamente complessi sul piano socio economico, se ne aggiunge uno più semplice, prettamente individuale, legato alla libertà e al senso della gratuità.

Se è vero che uno spirito e dei valori di mutuo supporto sono qualcosa di estremamente utile per la collettività (pensiamo a cosa sono capaci di fare reciprocamente i cittadini italiani in caso di calamità naturali come i terremoti o la situazione attuale legata al Covid-19) è altrettanto vero che, ove essi non siani vissuti e scelti dal singolo, possono diventare fonte di frustrazione per chi si sente vincolato ad aderirvi e mezzo di manipolazione per chi, dall’altra parte, la gratuità la pretende.

Vediamo alcuni esempi di presenza o mancanza di scelta e di senso nel donare.

 

La gratuità di chi offre autenticamente

Mettiamo che tu sia mosso dal desiderio di donare quello che hai. Sappiamo che questo tuo moto poco dipende da quanto tu possiedi, anzi: credo che proprio vi prescinda. Tu che doni lo sai. Il valore di una risorsa è estremamente relativo per l’essere umano, perché dipende dalla sua percezione di necessità rispetto a quella risorsa. Ci sono “ricchi” che donano e “ricchi” che non donano; ci sono “poveri” che donano e “poveri” che non donano.

Questo è il caso virtuoso della gratuità: libero chi la offre, altrettanto libero chi la riceve; è l’unico in cui la gratuità ha un senso. E allora è tanto più sensata e benefica in questo momento storico di grande bisogno.

 

La libertà di chi non vuole offrire

Mettiamo invece che tu non sia mosso dal desiderio di donare. Può darsi che tu ti senta ancora troppo precario in termini di risorse, oppure non senta di aver ancora sufficientemente soddisfatto il bisogno di accumularne. Non sarà certo un altro a dover giudicare la tua condotta: se non ti senti di donare, puoi non farlo.

Come ti senti?

È probabile tu ti senta un po’ in colpa. Lascia stare.

 

L’effetto fastidioso della gratuità strumentale

Ora, mettiti nei panni di chi riceve.

Se chi ti sta donando usa la gratuità per ottenere qualcosa, ecco che il valore della gratuità perde completamente il suo senso. Ottenere riconoscimento, seguito, fama, un guadagno successivo? Ebbene, non c’è cosa peggiore di una presunta gratuità strumentale.

Qualche adetto al settore marketing che mi sta leggendo, probabilmente, sta inorridendo. Mi spiace. Ma io credo che i veri esperti convengano che l’eccellenza del marketing risieda nell’onestà e che mi diano ragione. È semplice: il cliente ha sempre ragione, e io sto pensando con la mente di chi è dalla parte di chi riceve. Non sono un’esperta di marketing.

Quando ti viene offerto di provare un prodotto o un servizio, quando sei invitato a farne esperienza e a conoscerlo, non stai ricevendo un dono, e chi te lo offre non può chiamare quell’offerta gratuità. Il fatto che sono in molti a farlo determina il grande scetticismo verso la gratuità.

Ci sarà tanta più fiducia ed efficacia nella vendita quanto più esplicita sarà quella intenzione e non nascosta sarà la finalità. Così è garantito anche il rispetto verso ciò che è invece autenticamante gratuito.

 

La gratuità forzata: sfruttamento

Esiste un’altra situazione, più critica nel nostro Paese, per la quale la gratuità non arriva in libertà ma è data per scontata, talvolta pretesa: parlo di tutte quelle situazioni in cui i lavoratori si sentono costretti a fare straordinari, a lavorare in condizioni precarie o per retribuzioni ridicole se comparate con il valore che creano, per i quali la gratuità non è una scelta ma una condizione culturale condivisa in cui si trovano, ma che non scelgono. Si chiama sfruttamento.

Non si tratta di gettare benzina sul fuoco di antiche contrapposizioni di classe. Si tratta piuttosto di provare a riflettere e ripensare le cose che sembrano scontate, si tratta di provare ad avvicinare un modello culturale diverso da quello a cui siamo abituati, che è quello della libertà e reciprocità del dare gratuito, anche nei contesti di lavoro. Quella stessa cultura di carità e corporativismo, quel senso comune di bene gratuito e di dedizione, non devono togliere dignità al lavoro: la carità e l’altruismo volontario devono restare una scelta.

 

Chi valuta la sostenibilità di un servizio gratuito?

Sostenibilità: è la parola dell’anno. E allora usiamola. Anche la gratuità deve essere sostenibile. Ma chi valuta la sostenibilità del dono? E di cosa si tratta?

Quando dico sostenibile mi riferisco a una sostenibilità per l’anima, non in relazione alle risorse. Il dono deve essere sostenuto, sopportato, innanzitutto dallo spirito. Ecco quindi che è chi dona, lui e solo lui (o lei), che può decidere se donare oppure no.

La scelta di donare il proprio tempo, le proprie risorse, i propri servizi professionali, deve essere legata a una possibilità e disponibilità del proprio animo che prescinda dalle possibilità e disponibilità del proprio portafogli.

La gratuità per chi la riceve gratuitamente, cioè quando ha un senso profondo, arriva davvero: arriva la risorsa e arriva anche il valore di quella risorsa. Allo stesso tempo consente a chi dona di donare liberamente. La gratuità è quella dell’amore incondizionato.

È un incontro, come piace dire a me, rispettoso di entrambi.

 

1 The three Worlds of Welfare Capitalism, 1990, Princeton Uni Press USA.

2020-05-19T16:16:11+02:00