Empatia davvero

Qualcosa di cui si parla tanto

Se è vero che dare il nome alle cose le fa esistere, che è importante, è altrettanto vero che spesso toglie a quelle stesse cose profondità. Il nome appiattisce, sì, rende più difficile conoscere a fondo e fare esperienza di quell’aspetto dinamico tipico delle cose importanti. Un nome, una etichetta, rischia di togliere alle cose l’attrattiva dell’esperienza della loro scoperta e della loro evoluzione.

Pensa a uno che porta il nome di un altro, un nome già sentito. Hai presente?

L’empatia è una di quelle. Ecco perché ne voglio parlare, in modo nuovo, un po’ più a lungo.

Cos’è davvero l’empatia?

Quando è davvero utile a sé, all’altro e alla relazione?

Perché è fondamentale per la vita?

Il sentire non è sufficiente, anche se ne è il presupposto. Partiamo da un esempio semplice, forse già usato o abusato: stai annegando, mi butto in mare per salvarti, anneghiamo entrambi. Sentire no, non è sufficiente.

 

Cosa non è

Proviamo innanzitutto a sgomberare il campo. Ecco qui un elenco di concetti affini all’empatia, ma che empatia non sono:

  • Simpatia: simpatia vuol dire andare d’accordo, condividere gli stessi valori; c’è simpatia quando sentiamo di avere qualcosa in comune con l’altro. La simpatia riguarda l’altro piuttosto che la sfera del noi
  • Intelligenza Emotiva: è l’abilità a identificare, comprendere e gestire le emozioni proprie e altrui
  • Compassione: è quel sentimento che ci fa dire o pensare: oh povero!, è quel sentimento che ci porta a voler fare qualcosa per chi soffre per alleviare quella sofferenza, a prescindere da ragionamenti e valutazioni e simpatia
  • Commiserazione o pietà: è un sentimento di tristezza per qualcuno che percepiamo stare peggio di noi; talvolta lo proviamo verso noi stessi quando sentiamo di stare peggio di come stavamo
  • Affetto: affetto è un termine generico, ampio, per i sentimenti e il sentire
  • Dispatia: incapacità/rifiuto di condividere i sentimenti altrui
  • Schadenfreude (il cui contrario è mudita, termine buddista): provare piacere per la sfortuna altrui (aticofilia).

Cos’è

Innanzitutto: l’empatia non è una cosa sola. L’empatia è una abilità multi dimensionale, che si apprende e sviluppa lungo tre aree del vivere:

  1.  dell’EMOZIONE e del SENTIMENTO
  2.  del PENSIERO
  3.  dell’AZIONE

corrispondenti a tre diversi meccanismi cerebrali:

  1. il contagio emozionale e affettivo,
  2. la rete della mentalizzazione,
  3. il comportamento.

Essere empatici, quindi, non è solo sentire ciò che sente l’altro; non è solo sapere cosa sta provando l’altro; non è solo avere la capacità di agire in linea con questo sentire e comprendere, in modo utile per sé e per l’altro. È tutte queste cose insieme. Sul piano fisiologico possiamo dire che l’empatia si dispiega in tutti e tre i cervelli dell’essere umano: quello antico (rettiliano), quello relazionale (mammifero) e quello neocorticale (quello cioè della logica e della coscienza di sé, squisitamente umano).

Alcuni elementi distintivi dei concetti affini ad essa:

  • rispetto alla Simpatia: riguarda l’area del noi, cioè quel nuovo essere che è la relazione; simpatia ed empatia sono due stadi evolutivi importanti nella costituzione di una relazione;
  • rispetto all’Intelligenza Emotiva: è molto di più, perché riguarda anche sentimenti valori pensieri punti di vista e azioni;
  • rispetto alla Compassione: l’empatia non richiede necessariamente il fare qualcosa; essere in empatia produce di per sé risultati e l’azione, il comportamento, può anche essere non fare niente.

E ancora:

  • l’empatia positiva: è riuscire a gioire con l’altro,
  • l’empatia negativa: quando un sentire proprio è in conflitto col sentire dell’altro.

I termini “positiva” e “negativa”, come appare dalla descrizione, non sono contrapposti. Nel primo caso (positiva) il termine viene usato per indicare il colore dell’emozione condivisa; nel secondo caso indica il mancato allineamento, quindi se vogliamo una incapacità di empatia e una contrapposizione del sentire.

 

Una semplice definizione

Essere in empatia vuol dire essere capaci di entrare in sintonia con l’altro e trovare la natura profonda del sentire altrui, rendersi conto di come non si sia separati da quel sentire e da quell’essere e che questo vale non solo nello spazio ma anche nel tempo; permettere che l’emozione dell’altro risuoni in sé e scegliere la cosa giusta da fare affinché ciò si compia nel bene dei due (o dei più). L’Empatia è lo spazio del due, almeno.

 

A cosa è servita e a cosa servirà

La ricerca scientifica sull’empatia individua due tipi di motivazioni allo sviluppo dell’empatia nell’essere umano (ma non solo): uno di carattere generale (della specie umana o filogenetico) e un altro di carattere individuale (ontogenetico).

L’empatia ha garantito la sopravvivenza della specie umana. Siamo una specie così fragile che ci saremmo altrimenti estinti molto tempo fa. Questa connessione reciproca ha fatto sì che ci unissimo e ci adoperassimo insieme, attraverso la conoscenza trasmessa e la cooperazione, per sopravvivere a un mondo, ad altre specie, che costituivano un pericolo per l’esistenza della specie umana.

Oggi l’empatia assolve alle seguenti funzioni:

  • ci consente di risolvere i problemi (l’allenamento alla scelta, come diceva Gandhi),
  • è un ingrediente per la felicità (The happiest people are those who have meaningful connections in their lives, Le persone più felici sono coloro che hanno connessioni significative nelle loro vite, Ed Diener tra gli altri, Psicologo Positivo),
  • è un ingrediente per il successo (le nuove teorie per una leadership efficace la mettono al centro).

Se, al contrario, siamo in debito con quella parte di noi che è l’empatia, ciò ci conduce a disconnessione, isolamento, solitudine; fino a comportamenti non etici e di abuso dell’altro.

Attivare, allenare e ri-attivare l’Empatia

Se è vero che l’empatia è connaturata nell’essere umano fin dalla sua nascita, è altrettanto vero che potrebbe non attivarsi mai o andare in sofferenza. Questa abilità che, come scritto in precedenza, contribuisce alla felicità, alla realizzazione e alla risoluzione di problemi, se non viene attivata non si sviluppa e resta inattiva, producendo isolamento, solitudine e fallimento sociale.

L’empatia va sostenuta, sviluppata, fin dai primi anni e nell’arco di tutta la vita. Attraversa diversi stadi per arrivare a quella empatia evoluta che ci fa sentire legati ma allo stesso tempo autonomi ed efficaci. Attraversa anche stadi di sofferenza quando ci si trova in contesti e situazioni nei quali l’empatia è scarsa o assente.

Nelle età dello sviluppo (primi anni di vita e a seguire) l’unica via per sostenerla e farla sviluppare è la vicinanza fisica e la socialità. Non c’è alternativa.

Un adulto che ha costruito una buona base di empatia può riattivarla e tenerla allenata attraverso percorsi di coaching formativo orientati ad essa e di allenamento. Ciò gli consente di affrontare le difficoltà del quotidiano legate alle relazioni e all’attività lavorativa. Una buona empatia e il suo allenamento costante diventano contagiosi.

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Per tornare all’uomo in mare, l’empatia consente di supportare chi sta annegando senza affondare; oppure, che è parimenti importante, di gioire di una felicità profonda per la feliciltà dell’altro. L’empatia evoluta è, in ultima analisi, una forma e fonte di felicità.

 

 

All’origine del concetto di Empatia

Riporto qui le parole di Theodor Lipps (in Empatia e godimento estetico, Quodlibet, 2002) per dare un’idea di come l’empatia sia nata come concetto nella nostra cultura: Empatia è un termine equivoco e molto equivocato. Vi sono innanzitutto alcuni che con “sentimento” (Gefuhl) non vogliono intendere altro se non il sentimento di piacere (Lust) o dispiacere (Unlust), o che ritengono il “sentire” (Fuhlen) senz’altro equivalente al sentire piacere o dispiacere. Per chi limita in modo così illegittimo il termine “sentimento”, l’”empatia”, pur designando un sentire, non merita tuttavia tale nome. Poiché ciò che io empatizzo è in senso assolutamente generale vita. E vita è forza, un interiore operare, aspirare e portare a compimento. In una parola, vita è attività, liberamente fluenteo ostacolata; lieve o affaticata; concorde o discorde in se stessa: in tensione o in distensione; concentrata in un punto o distribuita in molteplici attivazioni vitali, fino al punto di “perdersi in esse”.

Ecco che l’arte sembra essere all’origine del concetto di empatia (ancora Lipps):

L’estetica può essere considerata una disciplina della psicologia applicata in quanto ha l’obiettivo di indagare “la facoltà di un oggetto di esercitare su di me un certo effetto.”. Percependo un oggetto esteriore, fondiamo ciò che accade dentro di noi con la sua esistenza e proiettiamo tutto all’esterno. Se, per es., l’oggetto è stretto e verticale, i nostri muscoli oculari provano uno sforzo di elevazione, associato nella coscienza ad altri movimenti virtuali del nostro corpo, che vorrebbero innalzarci dal suolo, nonché alle sensazioni muscolari relative al peso, alla resistenza, alla gravità.
È questa l’empatia e soltanto quando essa è presente le forme ci appaiono belle, e la bellezza consiste nel sentire di vivere idealmente una vita libera.

 

“Si diventa ciò che si pensa. Il pensiero non è mai completo se non trova espressione e limite nell’azione. È soltanto quando c’è perfetto accordo tra le due cose che c’è piena vita”.

[M. Gandhi]

 

 

2020-10-21T15:47:17+02:00