Correresti una maratona senza allenarti?

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La correresti una maratona senza allenarti?

Se la risposta è si, forse stai bluffando, lo sai che andresti incontro a una sofferenza o più probabilmente al ritiro.

Ti sei detto no? Oppure, sei tra coloro che dicono io di correre una maratona non ci penso neanche?

Che ti piaccia o no, che tu lo scelga o meno, tu, come chiunque, tutti i giorni di maratone ne corri diverse.

Un po’ come la gazzella nell’aneddoto popolare africano della gazzella e del leone: ogni giorno la gazzella quando si alza corre. Ci sono azioni, obiettivi, impegnativi, che dobbiamo agire e portare a compimento, che non abbiamo scelto e per i quali, spesso, non siamo preparati.

 

Facciamo qualche esempio di maratone quotidiane

Nel migliore dei casi sono tue scelte. Devi preparare una presentazione per il gruppo con cui lavori, per il capo; vuoi avanzare una proposta innovativa e farla digerire a chi decide; vuoi chiedere un aumento di stipendio, un cambio di ruolo; vuoi affrontare quel collega perché ci tieni a fare meglio insieme; vuoi parlare con tuo figlio perché così come si comporta proprio non può continuare; vuoi chiarire alcune cose col tuo compagno, con tua moglie; devi confessare una verità che non puoi più tenere per te; vuoi denunciare una ingiustizia; vuoi raggiungere un obiettivo veramente sfidante; vuoi cambiare, qualcosa di importante, per la tua vita.

Poi ci sono tutte quelle circostanze che non scegli per le quali sei costretto a correre. Ricevi una brutta notizia e devi farci i conti; rischi di perdere il lavoro, di chiudere l’azienda; il fidanzato ti lascia! Il capo ti dice che non è contento del tuo lavoro; il collega non collabora e lo patisci; tuo figlio si ribella e non sai più come gestirlo! Sono tutte maratone queste, con una percorrenza incerta, a cui qualcun altro ha deciso di iscriverti, e tu devi correrle sperando di arrivare almeno al fondo vivo (viva).

Un esempio attuale: quella che abbiamo corso tutti, in questi due mesi per via del Covid-19, è una maratona a cui nessuno si sarebbe iscritto mai. Le maratone arrivano, e ci si deve alzare e correre (sedere e stare rinchiusi in casa).

 

Qual è la prima cosa a cui pensi?

Sopravvivere. È un bisogno fondamentale. Poi vuoi essere pronto, preparato. (In un altro articolo di questo Diario di Viaggio ho parlato anche dell’essere pronti, ma in modo diverso.).

Quindi visto che sei sopravvissuto altre maratone ti aspettano e devi sapere come fare. Se è vero che ciò che non ammazza fortifica, traendo insegnamento dalla filosofia (citando una celebre frase di Nietzsche), è anche vero che la psicologia, l’epidemiologia e la demografia mi hanno insegnato che:

  1. ciò che non ammazza spesso indebolisce;
  2. per uscirne fortificati è necessario apprendere dal trauma vissuto
  3. ciò è possibile conoscendo e avendo consapevolezza della forza impiegata.

 

Come fare

Siamo stati ben educati al saper fare (viviamo nell’era della tecnica senza un senso): andiamo a scuola per imparare a sapere e sapere come fare le cose (raramente si riesce a rispondere alla domanda perché). Ecco quindi che ci viene naturale pensare per esempio che per fare una presentazione occorre sapere come fare una presentazione e certamente conoscere i contenuti della stessa; che per chiedere un aumento di stipendio occorre aver dimostrato di saper fare un po’ di più di quando si è cominciato in quella mansione. Sappiamo che per fare un esercizio di matematica bisogna aver studiato e compreso la matematica, bisogna sapere come risolverlo, e che per scrivere un tema di letteratura bisogna aver studiato la letteratura e aver appreso, un po’, come si scrive un tema1. Per correre una maratona bisogna saper correre, saper resistere. Bisogna sapere come fare o imparare a farlo. (I più cercheranno la tabella, la migliore tra le tante che vanno così di moda oggi).

Persi nel meraviglioso mondo delle ricette per fare le cose, ci siamo dimenticati dell’essere. Te ne accorgi proprio quando fare non è possibile. Sono in molti che senza il solito fare si sentono impazzire, scomparire, come perdessero una parte essenziale della propria identità. A questo proposito ricordo quanto mi colpì una lezione di Psicologia Clinica in cui il docente disse (pressappoco erano queste parole): io non sono uno psicologo clinico, io faccio lo psicologo clinico, grazie a quello che sono e con quello che so fare; e quando sarò così vecchio da non poter più fare lo psicologo, sarò ancora quello che sono. Mi piacque tanto perché era un punto di vista che restituisce dignità a ogni forma di vita, a ogni essere vivente.

Ti serve sapere cosa sei, conoscere il tuo carattere e i tuoi valori, averli a disposizione sempre, averli tonici come i muscoli, prima di tutto.

Ciò che sei è quello che nella difficoltà scende in campo per darti la forza di superarla.

 

La buona notizia

Ciò che siamo, in termini caratteriali e di virtù (cose che producono il benessere) e non in termini di deficit, è stato teorizzato e reso strumento pratico per realizzarsi. Questa è la prima notizia importante da sapere. Grazie a un lungo e laborioso progetto di ricerca sui punti di forza del carattere, sappiamo che la forza del carattere rende efficaci e vincenti le competenze (saper fare) e le conoscenze (sapere).

Non esistono più solamente gli esperti delle nostre malattie, dei nostri disturbi e dei notri deficit. Qualcuno2, alla fine del secolo scorso, ha cominciato a chiedersi se l’essere umano in comune con tutti gli altri avesse anche qualcosa di buono. E la risposta è stata Sì. Ogni essere umano, a prescindere dal tempo e dal luogo in cui è vissuto, possiede qualità che, una volta individuate e allenate, conducono ai proprio obiettivi con senso di soddisfazione e meno fatica. Le qualità teorizzate, definite come punti di forza del carattere o potenzialità, sono ventiquattro e scovare le proprie è tutt’altro che semplice.

La buona notizia è anche il fatto che per allenare il proprio essere occorre, sì, fare delle cose, anzi è fondamentale. Ma a decidere cosa fare e come, devi essere tu.

La competenza dell’essere non te la può insegnare nessuno, l’acquisisci facendo.

 

– – – se vuoi approfondire – – –

Lo straordinario progetto di ricerca realizzato e curato da Martin Seligman e Christopher Peterson nell’arco di tre anni, che ha visto coinvolti ben 55 scienziati (psicologi, filosofi, antropologi, teologi, sociologi), ha messo a disposizione di coach umanisti, educatori, insegnanti, allenatori spirtivi, manager, un metodo pratico e utile per allenare ciò che siamo, per allenare i punti di forza del carattere: i muscoli necessari per ogni maratona. È il nuovo Manuale della Salute (Character Strengths and Virtues è il titolo del Manuale, o Manual of the Sanities, lo definiscono loro – 2004) come metodo di supporto alla salute e al ben-essere e va ad affiancarsi ai ben noti DSM (Diagnostic and Statistical manual of Mental disorders – 1952), il manuale della classificazione mondiale dei disturbi mentali e l’ICD (International statistical Classification of Diseases – 1900), il manuale della classificazione mondiale delle malattie, che sono per contro manuali e metodi per la cura.

Questo Manuale della Salute è il testo alla base della mia professione.

Nella home page di questo sito trovi la Scheda di Allenamento del Carattere, un mini-manuale, in lingua italiana, creato da me che puoi scaricare gratuitamente e che ti consente di approfondire il lavoro sulle potenzialità e il contenuto del testo Character Strengths and Virtues.

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Praticamente come si fa?

Nel paragrafo precedente ho scritto che scovare le proprie qualità o potenzialità è tutt’altro che semplice: molte, nell’arco di una vita, vengono sotterrate. Andandone alla ricerca, una volta individuate proprio come i muscoli che utilizziamo per la famosa maratona, occorrerà

  1. creare abitudini vincenti per allenarle sempre
  2. trovare modi diversi per farle interagire
  3. definire i propri obiettivi sfidanti: iscriversi alla maratona prima che qualcun altro decida per noi.

 

A cosa serve un professionista del coaching umanistico? E io?

Sono diverse le cose importanti che io posso fare per te.  Le prime due le fa pure qualcun altro, a modo suo. Le ultime due ti raccontano il mio modo unico per farle insieme a te:

  1. riconoscere le tue vere potenzialità distintive e affiancarti nell’allenarli per trasformarle in poteri
  2. definire un obiettivo utile a “testare” i tuoi poteri caratteriali, e farlo in modo rigoroso (un obiettivo è tale se è misurabile, concreto, realistico, definito nel tempo, compatibile con la tua esistenza e i tuoi valori)
  3. creare un ponte tra la tua creatività, fantasia e immaginazione e la tua logica, il tuo rigore e la tua organizzazione: c’è chi propende per l’uno, chi per l’altro, ma queste abilità sono fondamentali insieme per realizzarsi: si devono integrare;
  4. accogliere i tuoi fallimenti e poi affiancarti per allenarti a farlo da solo/a, perché quello è l’allenamento che più di ogni altro ti porta verso un autentico e pieno successo: realizzare ciò che sei in tutta la tua natura più bella e autentica.

 

Correresti una maratona senza allenarti?

No? Eppure è quello che fai tutti i giorni.

È quando ti dimentichi chi sei, quando smetti di allenare la tua forza di carattere, quando pensi di non avercela proprio. Eppure, corri.

 

 

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Leggi anche: Sport per il carattere e crescita spirituale.

 

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1 Mi piacerebbe scoprire, un giorno, che c’è qualche scuola pubblica in cui si insegna la scrittura creativa.

2 Uno dei miei riferimenti più importanti sulla psicologia positiva e su una vita che valga la pena di essere vissuta è Mihaly Csikszentmihalyi.

2020-05-22T11:45:59+02:00