Non è lo spazio a separarci, è il tempo

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Se li pensiamo due cose diverse, tempo e spazio, allora posso dire questo: non è lo spazio a separarci, ma il tempo.

Livorno, Via Solferino

Lo spazio ci unisce, ci mette in connessione, ci tiene insieme. Siamo parte di un mondo che è tutto un continuo di cose, siamo in una realtà e ne siamo parte. Lo spazio tra me e te è ciò che consente di essere qui, insieme.(ogni muro è una porta, recita l’ultima scritta su un muro che ho fotografato qualche giorno fa a Livorno).

Il tempo ci separa, ci tiene distanti, ci fa sentire incompresi, soli, inesistenti. Il tempo è spesso diverso, il mio tempo e il tuo. L’armonia è un raro stato di grazia.

Separàti

Quando scrivo “non è lo spazio a separarci“, quando parlo qui di separzione mi riferisco alla solitudine dolorosa, al senso di emarginazione, alla fatica del sentirsi distanti, non compresi, non amati. Scollegati. Disarmonici.

Questo sentire ci riguarda oggi più che mai, noi popoli occidentali. Patch Adams l’aveva previsto oltre vent’anni fa che sarebbe accaduto. (Lui la chiama solitudine, gli altri medici la chiamano depressione). Perché il tempo ci separa? Il tempo ci separa quando non lo sappiamo capire, quando ci rifiutiamo di capirlo. Quando non possiamo comprenderlo. Il tempo di un giovane in guerra, per esempio, è un tempo che separa, innanzitutto dal suo presente. Se è fortunato, avrà il tempo di riprendersi il suo tempo.

Non siamo tutti nello stesso tempo. Non riusciamo a essere nello stesso tempo. Qualcuno ci prova; c’è chi si rifiuta, da sempre e per sempre. E allora non è il tempo il vero demone, è la nostra impossibilità di vedere questa possibilità. È il rifiuto del limite e la paura dell’eterno. Eterno è senza tempo. (vocabolario etimologico).

 

Facciamo qualche esempio.

Due amici, due kairos, due convinzioni diverse su una questione politica su cui discutono animatamente e più si accendono e più si allontanano, più si avvicinano urlando e più c’è un baratro tra loro; non si ascoltano, sono ormai distanti anni luce.

Due donne, separate da una generazione, che discorrono proprio sul senso dell’essere uniti (mi sono imbattuta nel video di questo spettacolo per caso, e l’ho trovato proprio bello) e che lo trovano nella libertà, che non passa nell’avere lo stesso punto di vista ma nel vedere quello dell’altro, nel vederlo possibile e fargli spazio dentro di sé.

Due amanti, che riesco ad essere tali quando scoprono, cercando, la sinfonia che c’era dietro le note del loro primissimo incontro.

Facciamo un altro esempio.

Un uomo e suo figlio, fermi a discutere sul bagnasciuga. Lui, il padre, dice un giorno capirai; pensa di non essere riuscito a spiegare al figlio come vanno le cose, nel mondo. L’altro, il figlio, dice ma cosa ne sai tu, sei di un altra epoca, non puoi capire!. Sono vicini. Eppure distanti, separati dal tempo. Ma non sono i tempi a separarli.

È il tempo della comprensione, il tempo della maturazione di un pensiero nuovo e diverso, il tempo dell’apertura; è il tempo dell’incontro che mai fu più difficile di quella tra genitore e figlio, è il tempo dell’apertura verso tutte le possibilità di sé di divenire. È il tempo del fiorire, che non sempre accade. Ed ecco, separa. Prima di tutto da se stessi.

 

Contro la solitudine, c’è la ricerca dell’unìsono

Viviamo per fare esperienza di separazione. È quella esperienza che ci fa sapere che siamo uniti.  Quella separazione fa spazio, crea spazio.  Genera nuova realtà. Hai presente un bimbo che nasce? Fai conto che del giorno hai consapevolezza grazie alla notte. Ed ecco, non sappiamo come suonare insieme, siamo tutti in tempi diversi, ma la ricerca di un tempo del sempre (altrove, in questo sito, definito tempo dell’amore) è ciò che non ci farà sentire soli o ci farà sopportare quella solitudine. Riusciamo a un certo punto a suonare insieme. Dev’essere per questo che amiamo così tanto la musica. Tu vai lento, io veloce, mi fai entrare nella tua lentezza? Me la fai sentire? Me la fai provare? Così conoscerò due tempi, e  così poi ne conoscerò altri, infiniti tempi. E conoscerò tutte le possibilità di esistere e di essere esistito.

Lo spazio intorno è la nostra grande risorsa per questa ricerca. Lo spazio intorno è l’acqua, il sole, il tuo viso, il vento.

 

Uniti, nonostante tutto

Lo spazio ha il potere di unirci. Lo spazio intorno, quello che c’è e che abbiamo smesso di guardare, contemplare. Lo sanno bene, per esempio, gli agricoltori; lo sa chi gira in bicicletta e sente l’aria sulla faccia, l’odore dello smog, la pioggia se arriva imprevista. Lo sanno quelli che abitano al mare.

Stare nello spazio del reale ci collega all’altro, ci fa essere qui. Mi vedi? Siamo insieme ad esso, adesso.

(E vicina è la mia collega tedesca, stretta al cuore quella in Connecticut, insieme a me i miei familiari, diversamente disposti, nello spazio che da qui arriva fino al paesino del centritalia.).

 

Pirsig, nel suo famoso saggio sulla Qualità

Pirsig scrive, nel famoso libro del 1974, Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta, quanto sia paradossale che di solitudine se ne veda di più nelle grandi città dove la gente vive più affollata: dovrebbe essercene di più nell’Oregon occidentale, nell’Idaho, nel Montana, nel Nord e nel Sud Dakota, dove la gente è sparpagliata (pg. 340 ed. 1981). L’America che abbiamo attraversato, l’America delle strade locali, dei canali scavati dai cinesi, dei cavalli, delle grandi catene montuose, delle lunghe meditazioni, dei bambini che raccolgono pigne, era dominata dalla realtà, da quello che avevamo intorno a noi; e la solitudine quasi non la sentivi. Probabilmente così doveva essere cento o duecento anni fa.

Cosa accadeva duecento anni fa? C’era una Qualità individuale, suggerisce lui, che veniva sfruttata, senza saperlo, come una risorsa naturale, e che ora è quasi esaurita. Cosa intende per Qualità individuale? In un punto, forse il più semplice, la riassume così: tenerci. La differenza tra un buon meccanico e un cattivo meccanico, scrive, come quella tra un buon matematico e un cattivo matematico, sta nella capacità di selezionare i fatti buoni sulla base della Qualità. Un buon meccanico deve tenerci. Non importa che lavoro farai, dice a suo figlio durante il viaggio, tutto sta nel come lo farai, nel quanto terrai a quello che fai. Qualsiasi lavoro tu faccia, se trasformi in arte ciò che stai facendo, con ogni probabiltà scoprirai di essere divenuto per gli altri una persona interessante e non un oggetto. Questo perché le tue decisioni, fatte tenendo conto della Qualità, cambiano anche te. Non solo cambiano te e il lavoro, ma cambano anche gli altri, perché la Qualità è come un’onda. Quel lavoro di qualità che pensavi nessuno avrebbe notato viene notato eccome, e chi lo vede si sente un pochino meglio: probabilmente trasferirà negli altri questa sua sensazione e in questo modo la Qualità continuerà a diffondersi (p. 341).

Oggetto e soggetto, per Pirsig, non sono separati. Qualità vuol dire assenza di separazione tra soggetto e oggetto. La manutenzione di una motocicletta è un esempio di come la separazione tra oggetto e soggetto sia una separazione che ci sembra giusta perché ci siamo abituati, ma in tale separazione non esiste qualità. Quando non risolvi un problema tecnico, quando hai esaminato il migliore dei manuali, scomposto la motocicletta in tanti piccoli pezzi non ulteriormente scomponibili, è probabile tu non riesca ad aggiustarla. A meno che non hai un approccio di unione con quell’oggetto, a meno che non ci tieni, a meno che non pensi che non sia solo una motocicletta, a meno che tu non abbia chiaro che la qualità è al di sopra di te e della motociclietta, è ciò che vi tiene insieme.

Robert Pirsig nel passaggio su menzionato parla di spazio e solitudine; poi nel leggere il libro a me appare evidente quanto sia attraversato dal dolore del tempo da cima a fondo. Un viaggio in moto che attraversa i tempi disconnessi delle sua esistenza, fino a quella separazione che diventa salvifica perché viene vista.

Che tu l’abbia letto o no, spero ti sia tornata la voglia di rileggerlo. Io ho appena ricominciato. Ci vorrà del tempo, ma lui qui da me lo sa, che si può prendere tutto lo spazio che gli serve.

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<<Ehi, amico, perché non cerchi semplicemente di capire? E smettila con le tue domande da sette dollari. Se stai sempre lì a chiederti cos’è una cosa, non avrai mai il tempo di conoscerla.>> Sentimento. Qualità. Che fossero la stessa cosa? (p. 217).

2020-03-26T12:10:16+01:00