Che follower sei?

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Ti sei mai chiesto che tipo di follower sei?

Se ti stai chiedendo se effettivamente sei un follower, ti dico che lo sei di certo. Lo sei stato di recente, e lo sarai di nuovo a breve; potresti esserlo stato senza rendertene conto. Lo sei anche se sai di essere un leader.

Scriver Kellerman: All’interno di una organizzazione tutti, fatta eccezione per il presidente, sono follower (1). Al di fuori di un contesto organizzativo esistono innumerevoli situazioni nelle quali si costruiscono relazioni tipo leader-follower e per le quali porsi tali domande risulta parimenti determinante. Tutte quelle relazioni (adulte) asimmetriche in termini di potere/competenza, in cui due interlocutori hanno un obiettivo comune e diverse possibilità di influenza reciproca. Maestro e allievo, genitore e figlio, medico e paziente, politico e suo seguace, e via dicendo.

Potresti esserti chiesto in che modo ti metti in relazione con chi riconosci come leader, come guida. Come lo scegli, come contribuisci a quella relazione, come influisci su di essa. Oppure, potresti non averlo mai fatto.

Porti queste domande è fondamentale.

Il destino di una organizzazione, la capacità di gestire o produrre un cambiamento che porti a qualcosa di buono, ha tra le sue determinanti abilità e caratteristiche della followership, cioè, le tue. Non solo perché senza di te non ci sarebbe un leader (si può fare da guida solo se si ha qualcuno che segue!). Soprattutto perché le tue qualità e il tuo coraggio esercitano un’influenza su quali caratteristiche del leader emergeranno (2).

Ergo, porsi delle domande vuole innanzitutto accrescere la consapevolezza e la possibilità che la tua forza determini forza e qualità della relazione con chi individui come guida. Ancora, far si che tu possa comprendere che quanto più potenziale e più coraggio esprimi, tanto più la relazione ha possibilità di crescere positivamente e di raggiungere le mete prefissate.

Riassumendo con semplicità, non solo sei importante, ma soprattutto: sei responsabile.

 

Cosa fai quando segui?

Come assumi le responsabilità? Come comunichi con la tua guida? Come risolvi i problemi?

Essere all’interno di una relazione asimmetrica in termini di potere non vuol dire non avere potere. Al contrario, il follower può essere un importante equilibratore di potere, compensando tutte quelle situazioni nelle quali lo sbilanciamento risulti eccessivo. Inoltre, la followership può completare la leadership al punto da ispirarla: in termini di influenza quindi, followership e leadership possono diventare una partenership e far passare in secondo piano lo squilibrio di potere.

Coraggio, integrità, competenza, la fiducia in tali caratteristiche e abilità, assicurano una influenza positiva su leader altrettanto integri, etici, responsabili.

Il primo passo è la consapevolezza.

 

Cosa succede se non ti rendi conto di come segui, e di chi segui?

L’influenza reciproca tra leader e follower può essere al contrario estremamente negativa, nociva, addirittura non etica.

Il rischio può coinvolgere soprattutto il leader carismatico attorniato da flatterer followers, seguagi adulatori. “Il leader tende ad amare chi lo ama”, scrive Offerman; “in questo senso, i follower adulatori potrebbero essere più ascoltati di altri e pericolosamente condurre tendenze narcisistiche del capo a livelli patologici, con ovvie conseguenze negative per il gruppo di lavoro e per l’organizzazione tutta.”.

Queste dinamiche contribuiscono talvolta a isolare il leader dalla realtà circostante: il leader si costruisce una illusione di benessere e buon comando. È convinto di far bene e che tutti stiano bene.

La consapevolezza è il primo passo per far fronte a un tale rischio. Porsi delle domande, confrontarsi con gli altri, allenare la followership, identificando criticità della relazione e punti di forza per affrontarle. Avere piena consapevolezza del proprio ruolo rispetto allo specifico contesto e consapevolezza del significato del proprio ruolo e del proprio operato.

La consapevolezza del follower è importante tanto quanto quella del leader.

Il secondo passo: il coraggio. Perché l’idea di andare contro il capo non è un’idea rassicurante. Il coraggio ha efficacia se si manifesta assieme a competenza, lungimiranza, rispetto; il follower vorrà avere piena coscienza e potere di esercitare il meglio di sé per cambiare una situazione non funzionale agli obiettivi e al benessere del gruppo. Ancora più forza occorrerà qualora si trovasse in una condizione di minoranza: dovrà adoperarsi per cambiare le cose due volte.

 

Ti senti un leader…

Se senti e sai di essere un leader questo articolo ti riguarda in modo particolare.

Allenare la followership, essere consapevole del tuo ruolo di follower, vuol dire allenare la tua possibilità di essere un buon leader. Un buon leader è colui che conosce e ha esperienza di entrambi i lati della relazione, ne conosce il valore e l’interdipendenza.

Il miglior medico è colui che sa essere un buon paziente; il miglior maestro è colui che conserva nei suoi occhi quelli dell’allievo.

 

Siamo tutti follower

Se sei giunto fin qui ma credevi che questo articolo riguardasse i social network, non ti sei sbagliato del tutto.

Esiste un sistema di followership ancora più difficile da investigare, e da gestire. Quello in cui il leader non è un individuo in carne e ossa ma un profilo facebook, un account di twitter, un gruppo di persone dietro un sito web. Talvolta, meno esplicitamente, una ideologia. La tua responsabilità e la tua consapevolezza richiedono un’enorme quantità di conoscenza e competenze.

In quel mondo lì (in questo mondo qui), estremamente concreto negli effetti e nelle conseguenze, si vivono relazioni asimmetriche le cui mete raramente sono condivise, spesso sconosciute e per questo tali da portare ad effetti non prevedibili, non necesarriamente positivi.

Se non conosci la tua forza, non la governi, lei non starà lì ferma a non fare niente: agirà senza la tua volontà e potrà farlo anche contro i tuoi valori e i tuoi stessi obiettivi.

Hai una forza di cui vorrai essere consapevole: solo così potrai governarla e metterla a servizio dei tuoi valori e dei tuoi obiettivi, della tua e dell’altrui felicità.

 

Riferimenti:

  1. Kellerman, 2007.
  2. Chaleff, 2009, p. 14.

 

2020-10-21T11:01:57+02:00