I giovani del progetto META

//I giovani del progetto META

Motivazione, Esperienza, Talenti, Abilità: il Coaching Umanistico per il progetto META.

Lo scorso anno, l’ultima settimana agosto, ho incontrato a uno a uno i primi 21 adolescenti del progetto META.

Ragazzi e ragazze di età tra i 17 e i 21 anni. Fino a marzo me ne aspettano una cinquantina.

META¹ è un progetto su base triennale partito nel 2015 e rivolto ad adolescenti che sono usciti da un percorso scolastico per varie ragioni. L’obiettivo è di fornire loro una valida alternativa per formarsi, apprendere conoscenze e competenze di una professione, specifiche e trasversali; essere pronti, tra le altre cose, per proporsi ed entrare nel mercato del lavoro.

La lavagna del LM sul LAVORO

La lavagna del LM sul LAVORO

Il progetto ha selezionato nel 2014 numerosi giovani, suddivisi in base alle professionalità di specializzazione. Elettronici, estetiste, addetti alla reception. Diversi gruppi sono stati accolti in differenti agenzie formative della Toscana.

Nella dicitura del progetto si fa molto riferimento a cosa questi ragazzi debbano saper fare. Si fa anche riferimento alla motivazione, e quindi al motivo che li spingerebbe a fare; in buona sostanza si fa riferimento alla loro vocazione: è lì che il mio intervento si è inserito. Ho lavorato con ciascuno di loro alla costruzione di percorsi individuali finalizzati alla ricerca e all’allenamento delle loro potenzialità caratterizzanti e della forma delle loro felicità e motivazioni.

Ho previsto e proposto 5 sessioni per ciascun giovane – un percorso non può essere pre-confezionato, ma non sempre si ha la flessibilità che certi percorsi richiederebbero. Ad ogni modo, conoscere l’inizio e la fine di un percorso in termini di tempo consente di valutare meglio cosa ci si possa aspettare dal percorso. In 5 incontri un adolescente può, se riesce a scegliere quel percorso, di certo avviare un percorso di scoperta di sé utile alla propria realizzazione.

Oltre alle 5 sessioni individuali, il progetto che ho proposto per i “giovani META” include anche un Laboratorio Maieutico (LM) di 2 ore per ciascun gruppo. Il desiderio è dare loro la possibilità di sperimentare modi diversi di costruire la conoscenza, facendolo insieme.

 

Il laboratorio maieutico sul tema della BELLEZZA con le ragazze del percorso Estetiste

LM sul tema della BELLEZZA

Chi ha abbandonato chi?

Quando nel 2014 incontrai alcuni dei colleghi che si occupavano della costruzione e del finanziamento del progetto, più volte era capitato di parlare di “abbandono scolastico”. META era spesso definito brevemente “un progetto per il recupero dell’abbandono scolastico”. Dicevo, lavorerò con “ragazzi che hanno abbandonato la scuola”.

A Ottobre, dopo aver chiuso i primi 21 percorsi posso dire che non mi è parso che le cose stiano esattamente così. In gran parte dei casi mi è parso di vedere che sia accaduto il contrario: ragazzi abbandonati, non seguiti, in alcuni casi appesantiti da un grande senso di colpa o di responsabilità; ragazzi creativi, ribelli, certamente difficili da comprendere e gestire ma non per questo sbagliati, da abbandonare.

Costruzione di una strategia per il successo partendo dall’esperienza di L.

Una delle parole più frequenti che ho sentito pronunciare loro durante i primi incontri individuali è stata ormai. Ormai! Ragazzi con un senso del tempo distorto, come spesso accade per gli adolescenti che vogliono subito diventare adulti  ma spesso importato dagli adulti. Sono loro, gli adulti, che si ritrovavo carichi di ansie per il tempo che scarseggia, che veicolano il principio del non c’è più tempo.

I ragazzi, giovanissimi, sono in cerca di un senso del sé.

Non scriverò di quanto la Scuola Pubblica sia (stata) bistrattata nel nostro Paese e di quanto sia responsabile nell’abbandonare spesso i casi più brillanti, creativi e audaci; certa che chi mi leggerà ce l’abbia ben presente. Voglio scrivere della forza e della bellezza dei giovani META, una forza che per loro più che per altri è difficile intercettare, allenare e far fiorire. Ma ci abbiamo lavorato proprio per questo.

Perché per i giovani META è più difficile?

Non ho conosciuto da subito le loro storie personali.

Mi sono riufiutata anche di farmele raccontare dai colleghi, mi pareva di violare una privacy senza averne il permesso e sopratutto di conoscere cose che non di certo sarebbe stato necessario conoscere. Al primo incontro ho lasciato che i ragazzi si raccontassero a me come avrebbero scelto. Ci sono volute più sessioni, anche fino a tre, prima che il mio interlocutore  si convincesse del fatto che non si trovava di fronte qualcuno che gli avrebbe insegnato come vivere, gli avrebbe detto cosa è giusto fare o lo avrebbe invitato a risolvere i suoi problemi. I ragazzi non vogliono sentirsi dire, vogliono veder fare, avere esempi valorosi, e insieme essere ascoltati profondamente, e attentamente. Le loro storie personali hanno fatto irruzione al margine di una sessione, verso la fine del percorso, quando di fronte alla scoperta di un potere, di una bellezza, vista da me all’opera e loro restituita, credevano che l’avrei ritrattata qualora avessi conosciuto la loro storia.

Harjinder

I disegni di Harjinder: gli abbracci

Le loro storie non hanno fatto che avvalorare quelle potenzialità. Storie familiari che renderanno loro il lavoro di realizzazione più difficile (perché avranno ad esempio meno alleati o meno risorse su cui contare), ma non per questo, la mia speranza e il mio augurio, vorranno arrendersi.

I disegni di Harjinder

I disegni di Harjinder

Abbiamo cercato insieme alleati, obiettivi lavorativi che per forza di cose erano sfidanti: a ventanni, senza il sostegno di una famiglia, senza un titolo di studio convenzionale, spesso senza troppe risorse economiche. Soprattutto: abbiamo allenato insieme le potenzialità.

 

 Lo stupore di un adolescente quando scopre di essere, prima di tutto

Ciò che più ha stupito questi ragazzi è stata la possibilità di essere anche senza, o prima ancora di, saper fare.

Come faccio a trovare lavoro se non ho esperienza? La domanda che alcuni di loro si poneva è la stessa che si pone oggi la stragrande maggioranza dei laureati, talvolta in preda alla disperazione.

I disegni di HArjinder

I disegni di Harjinder

Conoscere il proprio essere vuol dire conoscere le proprie potenzialità, le caratteristiche della propria personalità. L’essere, nel coaching, è strettamente legato al fare perché quelle caratteristiche hanno bisogno di esprimersi, di diventare azione, o di riconoscersi nell’azione, per produrre benessere per sé e per gli altri. E’ legato al fare nel modo di fare, che cambia il fare radicalmente. Consapevolezza, scoperta e allenamento è stato il nostro lavoro.

Adolescenti che scoprono che saper amare, essere integri e onesti, essere lungimiranti, saper perdonare, essre audaci e valorosi, essere curiosi, ingegnosi, che tutto ciò è estremamente importante nel lavoro e nella ricerca di un lavoro. Adolescenti che scoprono che acquisire una competenza non è tutto, anzi talvolta è troppo poco considerato quanti altri hanno acquisito le medesime competenze, ma che comprendono che la differenza è il come ti adoperi in quelle competenze. Adolescenti che scoprono il loro modo singolare, unico, di esprimere ciò che sono guardando i loro vissuti; un vissuto da loro considerato insignificante fino a quel momento.

Insieme abbiamo ridato valore alle loro storie, ed è stato anche commovente. La vita di un adolescente è di quella semplicità di cui sono capaci le anime grandi e insieme di una potenza che se impiegata nel campo proprio diventa eccellenza.

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Il lavoro sulla vocazione di A.

I (veri) casi difficili: la difficoltà di lavorare con chi un percorso non lo ha scelto.

Alcuni colleghi mi avevano avvisata che avrei avuto a che fare con “casi difficili”.

Non sapevano che un coach umanista (nello specifico, io) di natura (o per lo meno, di professione) non può, non vuole, non deve, partire da preconcetti. Non intendo dire qui che io abbia ignorato le informazioni che mi siano giunte nel corso del tempo su questi “casi difficili”; intendo dire che un caso diventa difficile per me nel momento in cui non intende lavorare sul suo potenziale, nel momento in cui mi dimostra che quello che sta facendo non vuole sceglierlo e non lo sceglie, nel momento in cui un giovane sente che non è il momento per fare quel lavoro e c’è qualcuno che glielo impone (di certo non io). Di questi casi a oggi me ne è capitato uno, dei 21; e non era uno dei “casi difficili” che mi fossero stati segnalati.

Le cose che mi sono rimaste

Come accade in ogni percorso di coaching, ci sono momenti in cui il coachee che ho di fronte mi stupisce.

I giovani di cui sto raccontando lo hanno fatto così, in risposta ad alcune domande: hanno tirato fuori la poesia, nelle sue forme più diverse.

S. risponde alla domanda: in cosa credi? Poesia…

Mi sono rimaste poesie, i disegni, i volti, mi è rimasta la speranza che solo un adolescente può trasmetterti. La consapevolezza che gli adolescenti, nella nostra cultura, sono ignorati, sono in difficoltà e la certezza che tante cose devono essere migliorate, non solo in un progetto come questo, ma in un mondo che vuole diventare qualcosa di meglio di ciò che è.

 

(1) Il progetto ha avuto edizioni passate;  in precedenza portava il nome di CreScO (Crescere, Scegliere, Orientarsi).

2017-02-25T17:55:05+01:00